
– Dove andiamo oggi?
– Facciamo un giretto nell’emisfero australe! Partiamo dal Giappone, un saltino a Taiwan, voliamo in Nuova Zelanda e torniamo a Taiwan.
– Quindi ci stiamo dirigendo a Milano Malpensa?
– No…. alla Teiera Eclettica!
Qualche raggio di sole fa capolino e tenta di scaldarci lungo il percorso tra il parcheggio e il nostro tavolo, che è già pronto ad attenderci. Primo laboratorio di tè inediti di quest’anno, tanta voglia di immergersi in profumi e sapori intensi, freschi e caldi, verdi e rossi… in compagnia di vecchi amici e foglie nuove.

La prima tappa è nella prefettura di Saitama, a nord di Tokyo. Uno Shincha 2019 del produttore Yokota, Sayama-cha, risveglia il palato ancora un pochino addormentato. La prima infusione è dolce e umami, ci regala note liquorose e vegetali, super persistente. La seconda infusione ci rivela un tè stabile e intenso con solo una punta di amarognolo, che io trovo gradevole, ma non a tutti piace! Le mani esperte di Barbara smorzano questo accenno di amaro, abbassando la temperatura di 10 gradi per una terza infusione dolce, con un finale di nocciola.

Veniamo quindi teletrasportati a Taiwan, nella zona di Lugu, Nantou. Se chiudiamo gli occhi, L’aroma di fiori bianchi, vaniglia e frutta acerba, ci proietta in una piccola piantagione al centro dell’isola, dove il tè è raccolto a mano. Nella gaiwan ci attende un oolong di alta montagna (1.500mt slm) poco ossidato, particolare perché non insiste sulla nota burrosa che spesso contraddistingue i tè di questa tipologia, bensì sul sentore sulla vaniglia, con un piccolissimo accenno di acidità, che lo rende ben bilanciato e non stucchevole. Complesso, evolve in ogni infusione, dandoci ogni volta sfaccettature diverse. Si rivela un tè estremamente persistente: noi ci fermiamo a cinque infusioni, ma avremmo potuto continuare ancora a lungo.
In un attimo sbarchiamo in Nuova Zelanda, meta un po’ inconsueta pensando al tè, ma qui ritroviamo le piantagioni del signor Chen e di suo figlio Vincent, Zealong, che ci hanno regalato momenti di grande soddisfazione in una degustazione eclettica di qualche anno fa. Come ci arriva una piantagione di 48 ettari fin laggiù? Un seme alla volta, direttamente da Taiwan, paese d’origine dei signori Chen. Nel 1996 il capofamiglia si accorge come anche in Nuova Zelanda crescano lussureggianti camelie, simili a quelle da tè che vedeva abitualmente in patria. Con qualche piccolo esperimento agronomico ha inizio una grande avventura, che porterà alla nascita di Zealong.
Il primo tè che assaggiamo è un oolong “Da Hong Pao style” charcoal roasted. Infuso in gaiwan, ci accompagna per sette infusioni, sebbene avrebbe potuto tenerci compagnia ancora un po’, ahimè il tempo è tiranno! Si presenta morbido e rotondo, meno legnoso del famoso cugino dei monti Wuyi, intenso, persistente e stimola la salivazione.

Siamo a metà del viaggio e le papille gustative sono già in estasi. La padrona di casa si adopera inoltre per farci raggiungere altri picchi di soddisfazione, sul versante della dolcezza. Un biscotto al burro giapponese arrotolato “a sigaro” e due deliziose tartellette ripiene rispettivamente di una morbida crema al tè verde floreale Rewa e di crema alla nocciola del maitre chocolatier Guido Castagna. La loro frolla profumata, burrosa e lievemente rustica, stuzzica e accarezza il palato allo stesso tempo.

Deliziati, si prosegue in Nuova Zelanda, dove Zealong si richiama alla Cina con un tè “Hong cha style”. Il suo liquore ci sorprende con note legnose pronunciate, senza spigoli e con meno cioccolato (solo un po’ nel finale) dei parenti cinesi.
Per il gran finale si torna a Taiwan, sul lago Sun Moon, nella contea di Nantou. Scatta la sfida tra due Ruby Red di diversi produttori. Il Red Ruby o T18 è un tè nero, (non la famiglia di tè più comune a Taiwan, in cui si producono per la maggioranza oolong) presenta un inconfondibile nota mentolata. È un tè elegante, interessante non solo per le note balsamiche, ma anche per la sua botanica. Nasce infatti dall’incrocio tra la camellia autoctona (formosensis) e l’assamica importata, sia per la sua lavorazione, in cui l’appassimento riveste un ruolo cruciale rispetto al metodo tradizione relativo agli Hong cha, sia per la sua storia, che affonda le radici all’epoca della dominazione nipponica negli anni venti.

Preparati entrambi in gaiwan, il primo ci regala note di caramello bruciato, castagna, erbe selvatiche, con solo un lieve accenno al classico sentore mentolato: emerge la ruvidezza della varietà assamica e la nota dolce finale. Il secondo, invece, profondo e intenso si dimostra super mentolato e canforato, nelle infusioni (arriviamo a 7) vira verso la resina. Un’esplosione di gusto: abbiamo un vincitore!

Prima di salutarci ci attende una preziosa coccola: una pralina di Guido Castagna, io scelgo quella alla calendula, il maritino invece al pepe rosa. Il tocco finale di una giornata speciale. A quando la prossima?
